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Vaccini anti-COVID: il punto della situazione

Il 9 novembre 2020 l’azienda farmaceutica statunitense Pfizer Inc., in collaborazione con l’azienda tedesca di biotecnologia e biofarmaceutica BioNTech, ha annunciato la scoperta di un vaccino per la malattia COVID-19, con un’efficacia sul 95% dei casi testati. 9.750 dosi di Cominarty (questo il nome commerciale del vaccino) o BNT162b2 (nome usato durante la sperimentazione) sono giunte in Italia per la prima somministrazione trasmessa in diretta nazionale dall’ospedale Spallanzani di Roma, cui seguiranno 470mila dosi di siero ogni settimana per raggiungere una copertura di 26,92 milioni di dosi. 

Quello di Pfizer-BioNTech non è però l’unico vaccino applaudito dall’Unione Europea: un’altra azienda statunitense, Moderna, attiva nell’ambito della ricerca e dello sviluppo di farmaci basati sull’RNA messaggero (mRNA), il 16 novembre ha comunicato la scoperta di un vaccino a RNA, rinominato mRNA-1273, per far fronte alla pandemia: l’efficacia sperimentata è del 94,5%, lo 0,5% in meno rispetto a quello di Pfizer. Il vaccino di Moderna, approvato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, non è ancora stato approvato dall’UE, ma lo sarà entro i primi giorni di gennaio.

Anche AstraZeneca, azienda globale biofarmaceutica britannica, ha dichiarato lo sviluppo del vaccino ChAdOx1 efficace al 95% capace di eliminare il 100% dei sintomi gravi. La formula brevettata a Oxford deve ancora ricevere il via libera all’inoculazione: al momento l’Unione Europea ha opzionato 400 milioni di dosi, ma la sua eventuale approvazione consentirebbe di vaccinare 13 milioni di italiani entro marzo considerando anche gli altri lotti in arrivo. In Gran Bretagna la somministrazione di AstraZeneca dovrebbe cominciare già dal 4 gennaio, mentre è improbabile che l’UE ne dia il via libera entro lo stesso mese.

Altri vaccini (Johnson&Johnson, Sanofi, CureVac) non sono ancora stati presentati, ma dovrebbero rientrare nelle 202,573 milioni di dosi previste per il nostro Paese.

Chiaramente esistono alcune differenze fra i vaccini. Oltre alla loro composizione, una di queste risiede nello stato di conservazione: il vaccino Pfizer ha bisogno di essere conservato a -94 gradi Farehneit secondo la scala termometrica americana, quindi -70 gradi Celsius; quello di Moderna resta stabile a una temperatura che varia tra i 2 e gli 8 gradi Celsius fino a 30 giorni, che diventano -20 gradi se tenuto nel congelatore per sei mesi. Il vaccino di Oxford risulta il più vantaggioso da questo punto di vista, perché richiede condizioni di refrigerazione tra i 2 e gli 8 gradi centigradi, temperature che consentirebbero di conservarlo in un comune frigorifero. Differenze esistono anche nei costi: ogni dose di Pfizer costa circa venti dollari, quelle di Moderna fino a 25 dollari. Solo AstraZeneca ha mantenuto un costo esiguo pari a quello di produzione: 2,8 dollari, quasi un decimo del prezzo di mercato dei concorrenti. 

Se la notizia di più vaccini efficaci contro il Coronavirus ha suscitato da una parte un generale ma cauto ottimismo, dall’altra ha acceso le consuete polemiche sugli effetti collaterali che queste cure potrebbero provocare, mettendone in discussione la reale serietà e affidabilità. Moderna e Pfizer hanno riconosciuto che i loro vaccini potrebbero indurre effetti simili ai sintomi associati alla malattia COVID-19, assicurando però che in fase di sperimentazione tali effetti non sono stati pericolosi, ma di lieve entità e di breve durata. Per questo motivo Cominarty ha cominciato ad essere somministrato in Italia già dal 27 dicembre, data che resterà per sempre iconica: il V-Day (Vaccine Day), nome che ricorda lo storico sbarco in Normandia degli Alleati che ribaltò le sorti della Seconda Guerra Mondiale, è il giorno che ha inaugurato l’inizio della campagna vaccinale in Italia. 

“Oggi l’Italia si risveglia. È il #VaccineDay. Questa data ci rimarrà per sempre impressa. Partiamo dagli operatori sanitari e dalle fasce più fragili per poi estendere a tutta la popolazione la possibilità di conseguire l’immunità e sconfiggere definitivamente questo virus” ha scritto il Premier Giuseppe Conte sul suo account Twitter. 

È infatti noto che in Italia le prime dosi siano state riservate alle categorie più a rischio, quindi sanitari e soggetti anziani e fragili. Molti altri dettagli sono ancora in fase di definizione, ad esempio l’eventuale obbligatorietà del vaccino. In questo senso, il presidente di AVIS Nazionale Gianpietro Briola ha inviato una lettera al Ministro della salute Roberto Speranza per chiedere che anche i donatori di sangue vengano inseriti tra le categorie destinatarie delle prime dosi a disposizione del vaccino anti-COVID. È da intendersi che vaccinarsi (così come il non farlo) è un diritto ma talvolta anche un dovere, consci del fatto che quando in gioco c’è la salute, qualsiasi scelta può ledere o salvare la vita propria e altrui.

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