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Le patologie dell’intestino, un racconto del Convegno di Borsano

Venerdì 21 ottobre si è tenuto il consueto Convegno della sottosezione Avis di Borsano incentrato sul tema delle Patologie dell’intestino: dalla celiachia al tumore del colon-retto. Ha aperto la serata Alessandro Barbaglia, responsabile della sottosezione, che ha sottolineato il costante impegno di AVIS non solo nel soddisfare il fabbisogno di sacche di sangue, ma anche nell’organizzare incontri e convegni per sensibilizzare alla prevenzione e informare la popolazione riguardo tematiche attuali e significative.

Ha quindi preso la parola il moderatore Dr. Vincenzo Saturni, già presidente di Avis Nazionale e ospite sempre gradito delle iniziative di Avis Busto Arsizio, che ha introdotto i due relatori: il Dr. Luca Ferraris, Dirigente del Reparto di Gastroenterologia del presidio ospedaliero di Gallarate, e la Dr.ssa Eugenia Dozio, Dietista Clinica del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. 

 

Prevenzione del tumore colorettale

Il dr. Ferraris è intervenuto sul tema del tumore del colon e del retto, “un tumore diffuso e pericoloso”, che nasce per motivi diversi tra ogni paziente: solo nel 2021 sono stati 21.000 i decessi (se diagnosticato tardi, la sopravvivenza a 5 anni è appena del 5%). Si tratta di un tumore diffuso nei Paesi Occidentali a causa di fenomeni genetici e diversi stili di vita: i tassi d’incidenza più alti sono in America, Nuova Zelanda, Europa e Nord America, più frequente nei neri rispetto ai bianchi, mentre i tassi più bassi in Africa e Asia centro meridionale. È il terzo tumore più comunemente diagnosticato nei maschi. 

Uno dei fattori di rischio è rappresentato dall’età: l’incidenza aumenta tra i 40 e i 50 anni, momento in cui si è invitati a partecipare al programma di screening gratuito. Esiste anche una componente genetica e di predisposizione alla malattia, per cui risulta importante la storia familiare del paziente. Negli ultimi anni, i tassi di mortalità sono diminuiti progressivamente, merito senz’altro dell’opera di prevenzione e di terapie più efficaci: se diagnosticato precocemente, la sopravvivenza è del 90%. 

Concorrono quindi all’insorgenza del tumore colorettale la storia familiare, il numero di eventuali polipi rilevati, l’età, determinate condizione infiammatorie croniche dell’intestino (colite ulcerosa e malattia di Crohn), l’obesità, il diabete, l’alimentazione (in particolare il consumo di carne rossa e lavorata è considerato un fattore di rischio), il fumo e l’alcol.

Per prevenire l’insorgenza è bene seguire una dieta ricca di frutta e verdura, fare attività fisica, assumere quantità adeguate di acido folico, vitamina B6, calcio e vitamina D. Sembra, ma non è certo, che anche l’aglio, gli acidi grassi omega 3 e il consumo di caffè rappresentino un’arma efficace contro lo sviluppo del tumore colorettale. Inoltre, farmaci come Aspirina e FANS ne riducono l’incidenza mediamente del 20-40%. 

 

Diagnosi

Sintomi del tumore colorettale sono sanguinamento, dolore addominale, occlusione intestinale, anemia e calo ponderale, di fronte ai quali occorre, fatte le opportune valutazioni sui fattori di rischio e la storia familiare del paziente, ricorrere alla colonscopia. Infatti, man mano che il tumore avanza, la probabilità di sopravvivenza a 5 anni diminuisce progressivamente.

La popolazione asintomatica, invece, è sottoposta a un programma di screening gratuito per valutare il rischio di sviluppare il tumore: la maggior parte deriva da polipi adenomatosi. L’evoluzione del polipo è presto detta: se non controllati, polipi piccoli diventano polipi grandi, mutano in displasie e degenerano in carcinomi. Dal momento che questa evoluzione avviene in media in 10 anni, con lo screening è possibile identificare anche lesioni precancerose ed eliminare il tumore sul nascere. Infatti, lo stadio a cui viene diagnosticato il polipo incide drammaticamente sulla possibilità di sopravvivenza, anche in seguito a escissione chirurgica.

 

Risultati screening

Lo screening consta di due fasi:

  • Ricerca di sangue occulto nelle feci: polipi e carcinomi perdono sangue occulto (occulto perché non lo vediamo);
  • Se positivo, si prosegue con esami sul colon: l’esame principe è la colonscopia.

Resta importante la valutazione del rischio, intermedio fra i 50 e i 70 anni, pertanto l’esame si ripete ogni 2 o 3 anni.

I rischi dello screening sono sempre e comunque minori dei benefici.

Nel 2020, di 4 milioni di persone invitate a partecipare al programma, solo 1 milione e 300mila hanno risposto e, di queste, il 5,5% è risultato positivo. Solo l’80% dei positivi ha poi fatto anche la colonscopia e nell’8,8% dei casi è stata rivelata la presenza di un tumore o polipo. 

La colonscopia è fatta fare anche 10 anni prima dell’età in cui lo stesso tumore è stato diagnosticato a un parente di I grado (che vanno prontamente avvisati, in caso di diagnosi). 

Dopo la rimozione chirurgica dei polipi o carcinomi, segue un programma di sorveglianza: si ripete il test del sangue occulto nelle feci a 5 anni dall’intervento o si effettua una colonscopia a 10 anni, che diventano 3 se sono stati rimossi più polipi, solo 1 anno se si trattava di carcinoma. 

 

Per ulteriori informazioni, rimandiamo alle due infografiche (continua sotto)

  

 

Celiachia

Concluso l’intervento del dott. Ferraris, la dott.ssa Dozio ha preso la parola per trattare il secondo argomento del convegno: la celiachia, un’enteropatia cronica immuno-mediata che colpisce persone geneticamente predisposte in seguito ad esposizione al glutine. Se non trattata, comporta malassorbimento e conseguenze sullo stato nutrizionale e di salute. 

Il glutine è un complesso proteico presente nei cereali naturalmente e assente in altri (es. riso e cereali provenienti dai mercati lontani es. quinoa, miglio). La sua importanza è notevole perché funziona da addensante, ovvero lega e tiene insieme, quindi è presente anche in tantissimi alimenti insospettabili (es. gelato, marmellate, formaggi…). Questa ampia diffusione del glutine rende difficile la vita del celiaco ma, negli ultimi anni, sono stati fatti grandi passi avanti in questo senso: in molti alimenti si specifica la presenza o assenza di glutine ed esistono molte alternative senza glutine di cui i celiaci possono usufruire in regime di esenzione. 

Quando in un alimento non si può escludere l’assenza di glutine si parla di contaminazione: è una minaccia che il celiaco deve sempre tenere in considerazione. 

Serve, pertanto, una corretta informazione in merito: la dieta senza glutine è da seguire in seguito a diagnosi di celiachia che solo il medico può fare, ovvero a seguito di gastroscopia che rivela la degenerazione dei villi intestinali. Diverse sono l’intolleranza al glutine, la sensibilità al glutine e del tutto inutile è la “moda” della dieta senza glutine. 

Per quanto complicato, seguire rigorosamente una dieta senza glutine può ovviare ai problemi di malassorbimento cui va incontro il celiaco. Sebbene esistano molti prodotti senza glutine, è bene preferire alimenti naturali essendo quelli confezionati particolarmente ricchi in zuccheri e grassi.

In conclusione, un paziente celiaco che segue rigorosamente una dieta senza glutine può godere di uno stato nutrizionale al pari del non celiaco. Resta il consiglio di seguire anche la dieta mediterranea, la più completa e sana che abbiamo a disposizione, in grado di soddisfare tutti i fabbisogni specifici.

Se vorrete partecipare alla prossima conferenza divulgativa di Avis Busto e Valle Olona e delle nostre sottosezioni, non mancate di seguirci su Instagram (@avisbusto) e su Facebook! Ci vediamo alla prossima iniziativa!

 

A cura di Francesca Genoni

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