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Intervista al nuovo Presidente di Avis Busto, Giuseppe Bianchi

Abbiamo intervistato il nuovo Presidente della nostra Avis, Giuseppe Bianchi, attivo nel Consiglio della nostra Associazione già dal 1995 e volontario partecipe della Sottosezione di Solbiate Olona, per chiedergli i progetti e le intenzioni per questo suo nuovo percorso.

 

Buongiorno Giuseppe, ci dica qualcosa su di lei! 

Ho 61 anni appena compiuti e sono donatore dal 1982. Sono entrato a far parte del Consiglio fra il 95’ e il 96’ quando era Presidente il sig. Secondini, ma prima di allora sono sempre stato molto attivo come volontario nella mia sottosezione di Solbiate Olona, promuovendo e partecipando a tutte le iniziative dell’Associazione.

Che altro dire, beh… sono sposato, ho tre figlie e sono anche già nonno. Ho uno Studio Commercialista a Solbiate Olona in cui lavoro da anni insieme a mia moglie e… aspetto di andare in pensione.

Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a candidarsi come Presidente di Avis?

Premetto che è da più di vent’anni che mi mantengo in stretto rapporto con l’amministrazione dell’Associazione: sono stato tesoriere dal ’95 fino al 2004, e in seguito mia moglie è stata tra i consiglieri AVIS.

Quest’anno ho percepito un’aria nuova, per quanto riguardava sia il ruolo di presidente sia l’ufficio di presidenza in generale, e allora ho deciso di propormi. Ora, io purtroppo non sono ancora in pensione, e l’impegno sarebbe potuto diventare gravoso: la nostra è un’AVIS “comunale” solo per modo di dire, perché tra Busto e la Valle raccoglie un bacino di abitanti che supera la soglia dei 100.000. Però ho scelto delle persone che potessero darmi una mano, persone giovani, e visto che sono state tutte accettate mi sono confermato anche io. D’altronde, con tutto il rispetto per le persone che ci sono state e per il loro ottimo lavoro, mi è sembrato giusto cercare qualcuno in grado di garantire una continuità per più di un singolo mandato, anche perché, come dicevo, può rivelarsi un incarico impegnativo.

Ho comunque avuto la fiducia di tutti i consiglieri, e quindi ho accettato. Adesso vediamo di portare avanti questo lavoro.

Quali sono le priorità per i prossimi 4 anni?

È senza dubbio impellente avere un luogo più adeguato alla nostra esigenza, soprattutto in relazione al numero di donatori: stiamo parlando di 4500 donatori effettivi, che a seconda di età e sesso fanno circa 2-3 donazioni all’anno; si tratta di quasi 13.000 donazioni all’anno, anche se adesso, con i tempi di pandemia, purtroppo si sono ridotti a 6000-5000. Però parliamo sempre di un bel numero di donazioni. Quindi occorre trovare un dialogo proficuo con l’amministrazione dell’ospedale per poter disporre di un ambiente adeguato, o perlomeno adeguare i luoghi che ci sono a qualcosa di più conveniente per l’AVIS che siamo.

Un’altra cosa a cui tengo è portare a compimento la digitalizzazione dell’attività. Il sito, in particolare, deve diventare un luogo dove il donatore possa vedere la propria situazione riguardo a donazioni ed esami, e possa farlo con facilità e immediatezza. Dopotutto, si può donare fino a 65 anni, 70 anni proprio al massimo, quindi ormai tutti i donatori più anziani sono comunque gente degli anni ’60, che ha lavorato fino a ieri e ha dovuto adeguarsi alle nuove tecnologie. Non ci sono più i donatori di una volta, quelli che non sapevano neanche che cosa fosse il telefonino. A me mancano sì e no cinque anni prima di smettere di donare, e non sarò il massimo in queste cose però posso dire di avere una certa praticità con la tecnologia. Quindi mi sembra più che ragionevole questo obiettivo, poter garantire ai donatori di accedere al sito, con delle credenziali personali, senza che i risultati dei loro esami e il resoconto delle donazioni passate sia affidato all’obsoleto tesserino cartaceo. 

Comunque l’obiettivo principale, è chiaro, rimane quello di portare più soci possibili a donare: è questo lo scopo di Avis, ed è a questo scopo che sono subordinati i due suddetti.

Nonostante nel 2019 sia stato registrato un calo nel numero totale di donazioni, la percentuale di giovani donatori è aumentata. Secondo Lei come si potrebbe ulteriormente incentivare i giovani a conoscere la realtà Avis? (dati CNSangue)

In primis, devo fare un grosso evidenziamento al gruppo di lavoro che da anni è attivo presso gli istituti superiori di Busto, grazie soprattutto al professor Moscheni – che da quest’anno è anche nostro consigliere – insieme ad altri consiglieri come la dottoressa Langè, il signor Pinciroli e il dottor Trotti: tutti loro hanno fatto e stanno facendo un lavoro inestimabile presso le scuole, e gran parte dei giovani che si sono iscritti finora provengono proprio da queste realtà.

Dopodiché, il modo migliore per divulgare resta il passaparola: se i ragazzi che si iscrivono trovano un buon servizio e un’accoglienza sincera da parte dell’associazione, è chiaro, non esiteranno a invitare i loro amici ad iscriversi. Ma, ripeto, perché questo avvenga dobbiamo essere anzitutto noi a fornire un buon servizio, un ottimo servizio, ed è quello che faremo. Quindi, sì, il passaparola: credo sia questo il miglior viatico, al di là di tutte le iniziative AVIS nell’ambito delle varie manifestazioni – sono importanti anche quelle, certo, ma non avrebbero senso senza il passaparola da parte di chi si è già iscritto e dice: “è una cosa utile, è una cosa importante, e in più mi trovo bene”.

Che importanza ha avuto Avis, finora, nella sua esperienza personale?

Innanzitutto, penso che per me sia stato importante lo stesso scopo sociale di Avis, ovvero quello di donare sangue a chi ne ha bisogno senza poi sapere a chi va. Come dicevo prima ho donato per la prima volta nell’82, ma senza sapere cosa fosse Avis: ho imparato solo con gli anni.

Poi, egoisticamente parlando, sono sempre stato seguito dal punto di vista sanitario. Con 3 o anche 4 donazioni all’anno si è tenuti a fare esami, anche non specifici, ma pur sempre importanti per monitorare i valori biologici… tant’è che sono stato fermo 10 anni – dopo i quali sono rientrato e ho ripreso normalmente – per livelli troppo alti di transaminasi, non pericolosi ma comunque non adatti per poter donare. 

Devo dire quindi che, per interesse personale, essere donatori è un vantaggio notevole perché si è davvero sempre sotto controllo. 

Per concludere, come definirebbe il significato che ha avuto per lei l’elezione a Presidente?

Al di là dell’orgoglio personale, nonostante i Consiglieri mi conoscessero già, chi perché era nel Consiglio da tempo, chi perché in passato sono stato Sindaco di Solbiate Olona, la fiducia che mi hanno dato è stata quasi un “salto nel buio”. 

Il conoscermi come persona e il lavoro che ho svolto anche in altri campi è stato, probabilmente, ciò che ha spinto il Consiglio a eleggermi come presidente praticamente all’unanimità. Lo trovo un fatto davvero positivo perché ho la certezza di avere l’appoggio del Consiglio per tutte le decisioni che prenderemo. Poi, com’è giusto che sia, qualsiasi cosa verrà discussa: può essere che non tutti condivideranno le idee che proporrò, ma proprio per questo esiste il Consiglio. Se ne parla e se ne discute, ma alla fine ci vuole sempre un accordo unanime perché ciò che si decide insieme è definitivo. Non si lavora mai da soli ma insieme agli altri: sta poi a te, in questo caso a me come Presidente, la capacità (perché è una capacità!) di portare i Consiglieri dalla tua parte e di avvicinarli alle tue scelte. Poi ci saranno sicuramente idee altrettanto valide da parte degli stessi Consiglieri: è importante saper acquisire anche le idee altrui, perché se è una buona idea ma non è una mia idea, sono comunque consapevole che vada portata avanti.

 

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